Microplastica e grafene, riciclo in Italia, e airtag per tracciare la plastica riciclata: scopriamo le notizie della settimana selezionate da PlasticFinder.

DALLE MICROPLASTICHE AL GRAFENE, NUOVA TECNICA DALL'AUSTRALIA

Dalle microplastiche al grafene: è la tecnica messa a punto da un team di ricercatori della James Cook University in Australia. Il grafene, un foglio di carbonio spesso un solo atomo, è più duro del diamante, 200 volte più resistente dell'acciaio e cinque volte più leggero dell'alluminio. Grazie a queste caratteristiche uniche, trova già impiego in numerosi settori, dall'elettronica alla medicina. Il processo di trasformazione delle microplastiche in grafene avviene attraverso una sintesi al plasma a microonde. «30 milligrammi di microplastiche producono quasi 5 milligrammi di grafene in un minuto», spiega il professor Adeel Zafar, uno dei ricercatori coinvolti nello studio pubblicato su "Small science" lo scorso agosto. «Questa velocità di produzione è notevolmente superiore a quella ottenuta con le tecniche precedenti, rendendo il processo più efficiente e sostenibile», prosegue il professore. Le potenziali applicazioni del grafene ottenuto dalle microplastiche sono molteplici. Si va, infatti, dalla produzione di sensori ultra-sensibili alla purificazione dell'acqua, passando per l'assorbimento di sostanze inquinanti. «La nostra scoperta apre nuove prospettive per trasformare la plastica», racconta il professor Mohan Jacob. La nuova tecnica sviluppata dai ricercatori australiani potrebbe rappresentare una svolta decisiva, offrendo una soluzione innovativa e sostenibile.

GLI IMPIANTI DI RICICLO IN ITALIA LAVORANO IL 30% AL DI SOTTO DELLE LORO POSSIBILITÀ

«Gli impianti non lavorano a pieno regime, si viaggia al 30% in meno rispetto alle reali potenzialità». A parlare, intervistato dal Corriere della Sera, è Walter Regis, presidente di Assorimap e il tema delle sue considerazioni è il riciclo della plastica.  Questa enorme capacità inespressa avrebbe per Regis due ordini di cause alla sua origine. «Il primo è la difficoltà di approvvigionamento della materia prima (i rifiuti di imballaggio in plastica) per quantità insufficienti provenienti dal circuito della raccolta differenziata».  Il secondo ha a che fare invece con la perdita di competitività, di cui anche noi di PlasticFinder parliamo spesso. «Abbiamo costi energetici elevati – spiega Regis – e subiamo la concorrenza sul mercato di prodotti con prezzi più bassi provenienti dall'Asia, Nord Africa e dagli Stati Uniti, ma soprattutto l'assenza di politiche strutturali nazionali. Fino a 5-6 anni fa un polimero verde seconda vita costava 300 euro in meno, ora siamo invasi da polimeri vergini a basso costo. Per dare un'idea, il Pet trasparente vergine ha avuto costi pari a 1.300 euro a tonnellata, mentre quello riciclato costava fino a 1.350 euro a tonnellata». Fa un po' rabbia pensare che ci siano già a disposizione tutte le potenzialità per ottenere risultati ancora più incoraggianti sul versante del riciclo e invece tocchi assistere a una continua dispersione di risorse ed energie. Non bisogna però perdersi d'animo, avanti a lavorare, tutti assieme.

L'AIRTAG? UN'AMBIENTALISTA AMERICANA L'HA USATO PER TRACCIARE LA PLASTICA RICICLATA

Un AirTag nell'immondizia per scoprire se la plastica viene davvero riciclata. È quello che ha fatto un'intraprendente ambientalista texana, Brandy Deason, che si è inventata un modo fantasioso (grazie alle possibilità offerte oggi da tecnologia sofisticata ma a basso costo) per cercare, si legge su un articolo di Money, di «indagare su un programma di riciclaggio considerato sospetto o comunque malfunzionante».  Attraverso l'AirTag ha infatti potuto tracciare il percorso, localizzando il posizionamento di un carico di plastica proveniente da raccolta differenziata. In questo modo ha potuto fugare i dubbi, e renderli pubblici, sulla correttezza delle procedure seguite. Un sistema poco convenzionale, ma che si è rivelato efficace.  Tracciare significa rendere più trasparente un processo. È anche sulla base di questo assunto che è nato Certified Recycled Plastic®, il servizio che, attraverso la blockchain, permette di tracciare il percorso della plastica riciclata in modo che chiunque possa verificarlo in qualsiasi momento e in qualsiasi posto si trovi.  Chi sostiene il valore del riciclo non può che sostenere anche quello della tracciabilità. Se vogliamo eliminare davvero il greenwashing questi temi devono procedere di pari passo.